Una storia vera di convivenza, cura e coraggio quando i manicomi chiudevano e le alternative non esistevano. Mercoledì 29 ottobre 2025, alle ore 17:30, il Chiostro Nina Vinchi del Piccolo Teatro di Milano (via Rovello 2) ospita la presentazione del libro I fragili. Pionieri della de-istituzionalizzazione, scritto da don Virginio Colmegna con Vita Casavola, Ornella Kauffmann e Nicoletta Bortolotti, e pubblicato da Castelvecchi Editore.
Durante l’incontro interverrà il nostro presidente, don Virginio Colmegna, già protagonista negli anni Ottanta di una delle prime e più significative esperienze italiane di accoglienza comunitaria per persone con problemi di salute mentale: la Cascina Parpagliona, a Sesto San Giovanni.
Ad accompagnare la presentazione, ci sarà un reading teatrale tratto dalle testimonianze raccolte nel libro, a cura del Teatro Officina, con Massimo De Vita, Daniela Airoldi Bianchi e Naraiana Degli Innocenti. L’adattamento drammaturgico è firmato da Cristina Dongiovanni.
Il Teatro Officina ha seguito fin dagli inizi le sperimentazioni sociali avviate da don Colmegna, allora parroco a Sesto San Giovanni, traducendo spesso in linguaggio scenico esperienze che nascevano nelle periferie, tra bisogni concreti e visioni collettive.
L’evento è a ingresso gratuito, con prenotazione consigliata sul sito del Teatro Officina. I posti disponibili sono 30.
Il volume ricostruisce una stagione di passaggio cruciale, seguita alla Legge 180, quando i manicomi venivano chiusi, ma ancora non esisteva un sistema di servizi territoriali capace di rispondere in modo strutturato ai bisogni delle persone con disabilità psichica e delle loro famiglie. In quel vuoto normativo e operativo, don Colmegna e un gruppo di volontari e operatori sociali avviarono una sperimentazione concreta: aprire le porte di una casa, vivere insieme ai fragili, condividere la quotidianità.
Nel 1986, a Sesto San Giovanni, nacque così una comunità diversa, in cui la cura non passava per l’isolamento, ma per la vicinanza, la relazione, la rete familiare e di quartiere. Una scelta radicale di “stare in mezzo”, come Don Colmegna ama dire: non per assistere, ma per convivere, riconoscendo dignità, bisogni e risorse della persona, e costruendo percorsi di autonomia sostenuti dal contesto sociale.
